Un delitto in redazione degli anni in cui i milanesi mangiavano toscano

Un delitto in redazione degli anni in cui i milanesi mangiavano toscano

Arrigoni e il delitto in redazione, l’ultimo giallo di Dario Crapanzano. Il libro postumo di un autore che, al pari di Scerbanenco, ha saputo raccontare una Milano storica, quella degli anni ’50, quando ancora imperavano latterie e trattorie toscane al posto degli asian fusion, degli all you can eat, dei locali dedicati all'happy hour

Esce post-mortem, a poca distanza dalla scomparsa, Arrigoni e il delitto in redazione (SEM), l’ultimo giallo di Dario Crapanzano, autore che, al pari di Scerbanenco, ha saputo raccontare una Milano storica, quella degli anni ’50, di quando ancora imperavano latterie e trattorie toscane al posto degli asian fusion, degli all you can eat, dei latinos, degli africani, degli svedesi, dei vegan di lusso and so on.
Già, perché il protagonista, il rotondetto commissario Arrigoni, in servizio presso il commissariato di Porta Venezia è un gourmet eternamente alle prese con il dilemma della dieta, cui vorrebbe convincerlo la bella e giovane moglie Lucia, che però sforna incoerentemente e incessantemente golosi manicaretti.

Stavolta il caso da risolvere riguarda la morte violenta di Alberto Masserini, redattore capo di una casa editrice, la Leonardo Bruni, che fa pensare per assonanza di nomi alla Mondadori. Arrigoni con la sua paziente astuzia e il contributo del fido e attraente ispettore napoletano Di Pasquale, ricostruisce la rete di tresche dello scomparso, fino ad arrivare alla soluzione finale, grazie a indizi… letterari, in sintonia con il romanzo. Fondamentale, come sempre, lo spirito di osservazione di una solerte e indiscreta portinaia.

Romanzo dalla topografia semplice, che si svolge in uno spazio delimitato, tra la griglia di strade che si svolgono parallele a corso Buenos Aires, il corso stesso e Piazza Durante, residenza di Arrigoni. Ritroviamo il Cin Cin Bar, aperto nel 1953, la Trattoria Toscana Alfredo in via Castaldi, che forse si ispira all’attuale e raffinato bistrot Lucca. Fatto sta che all’epoca la zona, prima di riempirsi di locali eritrei e poi di ogni origine, era affollata di trattorie toscane che offrivano agli impiegati, con le loro due ore di intervallo, pasti copiosi a prezzi moderati.
Alla trattoria Fratelli di Altopascio di via Morgagni, situata a lato di Piazza Lima, Arrigoni consuma un robusto pasto a base di tagliatelle al ragù di lepre e fiorentina con contorno di fagioli, condito con olio toscano e annaffiato di Chianti. Una interessante liaison tra Milano, che di suo ha avuto sempre un ricettario scarso, e la Toscana, i cui locali fino all’irrompere dell’etnico e dell’happy hour erano meta di personaggi dello spettacolo e calciatori.

Oltre il quartiere di Porta Venezia lo spazio si espande grazie alla neonata televisione. Uno spazio culturale e virtuale contrassegnato da una serie di noti programmi televisivi dell’epoca, in primis Lascia o raddoppia, poi il Musichiere, e dall’eco di pubblicità quasi imperiture come quella del Cynar di Calindri, ma anche i successi sanremesi di Domenico Modugno e Nilla Pizzi, e la messa in orbita dell’Explorer 1. Il lettore potrà divertirsi a passeggiare in quelle strade, tra le più accattivanti di Milano, mettendo a confronto i locali regionali italiani e la popolazione meridionale dell’epoca con il panorama multietnico di oggi. Un giallo che ha il pregio di esser colto e al tempo stesso costruito con semplicità e accessibile a tutti. Rimpiangeremo Crapanzano, e tanto.

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