Vecchi, matti e barboni: le vittime sociali del Covid 19

Vecchi, matti e barboni: le vittime sociali del Covid 19

Sotto la maschera dell’obbedienza, talora cieca e più spesso perbenista, il coronavirus dimentica il “politicamente corretto” e tra le sue vittime designate scopre antiche e marginali categorie: “vecchi, matti e barboni”.

Sappiamo bene che quando Primo Levi scrisse “I sommersi e i salvati” si riferiva ai campi di sterminio, la più grande e terribile tragedia voluta dall’uomo contro l’uomo. Questa espressione si può adeguare però a molte situazioni, tra le quali la pandemia che stiamo vivendo e che vede porsi in atto logiche concentrazionarie di tipo ovviamente diverso ma molto pericolose e che si uniscono a una silente dimenticanza dei soggetti marginali. Derivano da “logiche della normalità” imposte dalle istituzioni, chiamate a fronteggiare una situazione difficilissima e poco decifrabile, e ancor di più da una massa minacciosa nel reclamare la segregazione di tutti, dimenticando gli outsider.
Diceva Primo Levi: «Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre». Ci tocca dunque risvegliare le coscienze che, ora come allora, tendono a salvaguardare una normalità apparente a scapito della sofferenza di molti.

Un primo assaggio che ha scosso alcune coscienze è stata la denuncia, partita da un’inchiesta di Gad Lerner sulle pagine di Repubblica, della silenziosa strage della Baggina, la storica residenza per anziani Pio Albergo Trivulzio, di Milano.
Riguardo all’inchiesta che sta prendendo vita a seguito delle prime denunce e che ha portato a un’indagine dell’Istituto superiore di sanità, c’è chi parla di mille morti in Lombardia, in buona parte affetti da demenza, sottratti alle statistiche ufficiali. Il dubbio è che, almeno nelle prime fasi dell’emergenza, gli anziani siano stati lasciati privi di adeguate protezioni, così come il personale proveniente dall’esterno. Il vivere in strutture comunitarie e l’età hanno d’altra parte pesato parecchio, così come in diverse parti d’Italia.
Impreparazione, sottovalutazione del rischio, scarsa conoscenza di un virus e di una nuova malattia hanno in effetti contribuito a creare situazioni nelle quali le persone più marginali hanno speso subìto i danni più gravi.

Qualcosa sta cambiando, gli interrogativi su eventuali sbagli o sulla sottovalutazione del rischio sono abbastanza pressanti. Ma le Rsa monitorate sono ancora troppo poche, benché le proiezioni facciano pensare a tremila anziani morti solo in Lombardia e a dodicimila in tutta Italia, quasi quanto quelli ufficiali. Il Covid-19, aiutato o no, sembra insomma aver operato una scelta selettiva di vittime

Notizie allarmanti arrivano direttamente dal campo da alcuni antropologi affiliati all’Anpia, l’Associazione italiana di categoria, e impegnati nel sociale.

Giorgia Guenci, presidente dell’Associazione Margret, denuncia come i malati psichici, già in situazioni normali pesantemente penalizzati da un ritorno strisciante all’istituzionalizzazione, che tende a concentrare la attività internamente alle residenze, si siano trovati di fatto in una situazione di contenimento anche in strutture aperte al territorio di Pesaro, Casa Don Gaudiano e Casa San Marcellino. A Casa Don Gaudiano il contagio del primo ospite, messo in isolamento in fin di vita e mai intubato, ha dato vita al silenzioso strazio degli ospiti, costretti a un isolamento prolungato ogni volta che vi è un altro sospetto di contagio. La privazione della libertà e lo scorrere del tempo non sono uguali per tutti, rileva Guenci. Solo in seguito a un articolo del Resto del Carlino sono arrivati alcuni, pochi, tamponi, fino ad allora chiesti invano.

Ivan Severi, presidente Anpia che ha lavorato nei centri di accoglienza a Torino, attira invece l’attenzione sul variegato arcipelago dei cosiddetti senzatetto, costituito oltre che homeless da tossicodipendenti, migranti e altri soggetti non ben definiti. Senza un’igiene minima e nemmeno la possibilità di avere siringhe pulite, questi soggetti in maggioranza immunodepressi sono ad altissimo rischio. «Non vorrei trarre l’amara considerazione che, in un momento così delicato, tutta l’attenzione si concentri sul buon cittadino, quello con una casa, una famiglia e un reddito da mantenere, a spese di quelli che vengono definiti “invisibili”, o di coloro che balzano tristemente alle cronache solo quando la loro condizione supera l’umana sopportazione. Di certo, come al solito, chi sta ai margini è il primo a fare le spese della superficialità delle nostre politiche», continua Severi, che parla di applicazione ottusa e indiscriminata delle sanzioni.

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